"Meditate che questo è stato"
1. Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche arrivavano a “liberare” il campo di concentramento e sterminio nazista di Auschwitz – Birkenau in Polonia.
Nel corso della sua avanzata l’Armata Rossa aveva già “liberato” altri campi (Belzec, Sobibor, Treblinka).
Ma Auschwitz – Birkenau, nell’arcipelago dei campi di concentramento e sterminio che dalla Germania si estendeva verso est, rappresentava un unicum per dimensioni (era in assoluto il più grande) e struttura (consisteva in un campo principale collegato ad una serie di sottocampi).
La “scoperta” di Auschwitz rappresentò l’inizio di una tragica rivelazione che fece conoscere all’opinione pubblica mondiale il volto più atroce e perverso del regime nazista.
2. Il “sistema” dei campi di concentramento era l’espressione estrema e concreta di un’idea assoluta di Stato che, ancor prima di arrivare alla concentrazione fisica degli individui, aveva formulato teorie politiche ed antropologiche che erano diventate leggi e provvedimenti amministrativi.
Uno Stato che si arrogava il potere di tracciare il confine di un’umanità “diversa” e “minore” (ebrei, rom, omosessuali, disabili, dissidenti politici, ecc.) privata dei diritti, disumanizzata, separata dal resto della comunità e concentrata, a volte sfruttata fino alla morte, altre volte direttamente uccisa.
3. In Italia la “Giornata della Memoria” è stata istituita con la legge 211/2000 “al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.
Il Comune di Pisticci vuole oggi essere parte di questo “ricordare” collettivo.
Ubbidiente al monito di Primo Levi che, nell’incipit di “Se questo è un uomo”, dice a tutti noi: “Meditate che questo è stato”.
4. Quindi: ricordare e meditare. Nonostante siano trascorsi quasi 70 anni dalla liberazione dei campi nazisti l’urgenza del ricordo rimane integra. Anzi, più che mai necessaria.
La scoperta dell’orrore dello sterminio ha rappresentato per un po’ di tempo una sorta di “vaccinazione” dell’umanità rispetto al virus costituito dall’ideologia nazista.
L’allontanarsi di quei fatti nel tempo porta con sé il rischio, specie per le nuove generazioni, di sentire come “estranei” quei fatti. Quasi fossero definitivamente confinati a quel tempo. In realtà le varianti di quell’originario virus non hanno mai smesso di circolare tra noi.
Occorre perciò che venga tenuta viva la memoria di quei fatti, quasi fosse un richiamo al primitivo vaccino.
Nuove dosi da somministrare periodicamente affinché l’umanità possa rimanere immune dal rischio di altri progetti di discriminazione e sterminio.
Perché, per dirla con Edmund Burke, “Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla” (frase che, incisa in trenta lingue diverse, campeggia su un monumento collocato nel campo di concentramento di Dachau).